Una delle regioni chiave per il vino italiano è proprio la Puglia. Ben sei milioni di ettolitri prodotti in media ogni anno, più del 60% dei quali con una denominazione o un’indicazione geografica , e circa 85 mila ettari di vigneti, il 15% del totale nazionale. Certo che quasi esclusivamente la percentuale di vini a Doc è quella dotata di un valore qualitativo paragonabile, e talvolta superiore, a quello riscontrabile in altre regioni del centro-nord. Ed è anche la sola che fa intuire quali possano essere le straordinarie potenzialità di una terra che rappresenta il cuore della cultura mediterranea e sembra fatta apposta per produrre vino e olio extravergine di qualità. Possiamo dividere la regione in tre distinte zone: la provincia di Foggia e la Capitanata, la provincia di Bari e le Murge, il Salento.
Nella prima le Doc principali sono il San Severo, l’Orta Nova e il Rosso di Cerignola. Vini tutto sommato simili, che ci portano più a profili organolettici dei vini campani e abruzzesi che alla potenza dirompente di molti rossi salentini. Un discorso che continua anche in terrsa di Bari, con il Rosso Barletta e il Rosso Canosa che sono simili come uvaggio ai cugini foggiani appena citati.
L’area collinare delle Murge è quella dalla quale proviene il Gravina, un delicato bianco che deriva da malvasia bianca e greco. A cavallo fra questa zona e l’inizio del terriorio di Taranto si producono le diverse tipologie di Gioia del Colle, la prima avvisaglia della presenza di un vitigno fondamentale per la viticoltura pugliese, il primitivo. È infatti alla base del Rosso e in purezza dell’omonimo Primitivo, che è di gran lunga il vino più interessante della zona.
Il Salento è la grande terra del negro amaro, un vitigno dalle straordinarie potenzialità, che è alla base di quasi tutti i rossi e i rosati di questa zona, con la sola eccezione del Primitivo di Manduria, un altro fuoriclasse della viticoltura pugliese ma in terra di Taranto.